La mia storia

La mia storia comincia nel "lontano" 2007, quando ero una segretaria di uno studio legale internazionale di 27, laureata in Psicologia,  che lavoravo una media di 10 ore giornaliere. Adoravo il lavoro ed ero una di quelle persone che rendeva meglio sotto pressione. Inoltre amavo fare le ore piccole in giro per locali, scoprire posti nuovi e viaggiare. Ero andata da poco a vivere con il mio ragazzo e non mi ero mai sentita così realizzata.
Tutto questo è finito in modo molto brusco quando ho completamente perso le forze a seguito di una lievissima influenza intestinale. Avevo la febbretta permanente, non mi riuscivo ad alzare dal letto senza giramenti di testa, non potevo uscire perché svenivo in continuazione, non riuscivo a "riposarmi" come una volta, ogni piccolo sforzo provocava dolori e nausea, non riuscivo a guidare ed ero completamente dipendente dagli altri.
Passarono 7 mesi prima di una diagnosi certa, e nel frattempo i sospetti vertevano su ogni malattia più spaventosa al mondo. Ho affrontato la paura delle ombre dell'HIV, leucemia e altri fantasmi più o meno noti, ho affrontato anche l'incredulità dei medici, dei miei amici e avevo una paura matta di non essere capita, che stessi diventando pazza. La persona che mi fornì finalmente il verdetto finale, confermando che non ero pazza, è stato il Prof. Tirelli: CFS Post Virale, probabilmente scatenata dall'influenza intestinale.
Cominciai a seguire delle terapie farmacologiche, a base di cortisone, ma senza esiti incoraggianti. Persi il lavoro, persi la mia causa e 2 appelli per ottenere l'invalidità civile, e rischiai per un momento di cadere seriamente in depressione. La mia identità era stata rubata, ero diventata una larva umana e la diagnosi suonava come una sentenza di morte.
La mia fortuna, ringraziando il cielo, è di essere nata bilingue, e di già aver avuto esperienze nel campo della traduzione prima della malattia. Cominciando poco alla volta (all'inizio scrivere una pagina era troppo), la mia prima "conquista" è stata quella di ricostruire una nuova Valentina sotto il punto di vista professionale. Internet, anche qui, si è rivelato di grandissimo aiuto: senza alzarmi dal letto riuscivo finalmente a guadagnarmi abbastanza per vivere.
La seconda "conquista", è quella di imparare a dosare le mie forze. Questo per molti è impossibile perché sono costretti a lavorare, ad accudire bambini, o perché vengono colti dalla forma più grave di CFS, che ti impedisce persino di alzarti dal letto. Per imparare la "teoria", io c'ho impiegato un anno, purtroppo la pratica la sto imparando ancora. Amo talmente tanto l'energia che ogni volta che ne ritrovo un po tendo a sprecarla, invitando le ricadute.
La terza "conquista", ma forse è stata la prima e non me ne sono accorta, è quella di rendersi conto di avere delle persone meravigliose intorno a se. I miei genitori e mia sorella mi hanno sempre creduta dall'inizio, il mio compagno mi è stato vicino nei momenti più bui, persino il cagnolino che abbiamo adottato per tenermi compagnia quando non potevo uscire di casa ha i suoi meriti. I miei amici, quei pochi che hanno davvero capito e quei tanti che comunque mi scrivono ancora e mi vogliono bene sono stati davvero indispensabili.

Ora, dopo anni di pazienti negoziati con il mio corpo, con una terapia a base di massaggi ogni settimana, sono riuscita a raggiungere una specie di "tregua", paragonabile a quella di Gaza. Io posso fare quello che voglio se e solo se do qualcosa in cambio. A volte il mio corpo mi chiede un ginocchio o la schiena (ultimamente è il prezzo preferito), a volte mi chiede una febbre di 37.5, a volte mi chiede la tachicardia, a volte (inspiegabilmente) mi grazia e non mi chiede niente. La mia nuova identità assomiglia vagamente alla vecchia Valentina ma quando ci penso le lacrime scorrono ancora fresche.

Usate questo blog anche per scrivere la vostra storia. Per me è un modo di gestire e di dire alla malattia che non mi avrà mai tutta, che sono ancora una donna, che solo perché sono malata non significa che non segua la moda, che non mi piaccia più fare shopping, o che non possa più avere una vita. E' un modo per dire agli altri che ci sono tante cose che ti arricchiscono nel percorso di una malattia cronica, qualunque essa sia, e che anche nell'assenza di cure convincenti, ci sono modi per non perdere la speranza.

La speranza di cosa? Io spero tanto di essere tra i più fortunati, tra quelli che potranno vedere la totale remissione spontanea della malattia, o tra quelli che potranno beneficiare delle cure in corso di sviluppo, ma nel frattempo dovrò pure vivere, no? Le domande che mi assalgono regolarmente riguardono tutti il futuro: riuscirò a lavorare sempre a questo ritmo? Riuscirò ad avere figli? Riuscirò ad uscire di casa domani? Io spero sempre di sì, anzi, credo di sì.