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giovedì 6 gennaio 2011

Facciamo il punto sulla X

Il dibattito continua sulla XMRV, e sembra chiaro che ci vorrà un po di tempo per fare chiarezza sui metodi utilizzati in laboratorio prima che si arrivi al nesso causale e terapie sperimentali. A "buttarci nella mischia" questa volta è il New York Times, in un articolo un po lungo e confuso, ma che - se avrete pazienza per leggerlo fino alla fine, fornisce un quadro della situazione di partenza per questo nuovo anno. Io sono chiaramente schierata a favore della tesi della Whittemore - la Judy Mikovits è il mio idolo e non me la può toccare nessuno - ma questo non significa che non vi debba spiegare i due lati della storia, vi pare? Segue la traduzione dell'articolo . Voi cosa ne pensate?

Spossati dalla Malattia, e Dubbi
Pubblicato: 3 Gennaio, 2011
La sindrome di affaticamento cronico causa una miriade di sintomi debilitanti: profonda spossatezza, disturbi del sonno, dolori muscolari e articolari e seri problemi cognitivi, tra gli altri. Ma qual è la causa vera e propria della sindrome?
Sin dall’identificazione dei primi casi negli Stati Uniti negli anni 80, la domanda ha diviso gli scienziati. Alcuni hanno sospettato che una o più infezioni virali potrebbero avere un ruolo centrale.
Tuttavia molti altri ricercatori – oltre a parenti, amici, datori di lavoro, medici e assicurazioni dei milioni o più americani che si stima soffrono dalla malattia – lo hanno liquidato come una malattia da stress, psicosomatica o semplicemente immaginaria.
Ora, gli annunci recenti che si sono susseguiti hanno evidenziato sia la volatilità della questione sia l’ambiguità della scienza, e hanno alternato la speranza e la delusione dei pazienti.
Il 14 Dicembre, un comitato dedicato ha suggerito il divieto di donazioni alla Food and Drug Administration (FDA - Autorità Sanitaria USA) da parte di persone con la CFS (come spesso viene chiamata la malattia) nella loro anamnesi. L’obbiettivo era di prevenire la possibile trasmissione dei virus che due ricerche prominenti hanno collegato alla malattia.
Ma poi, il 20 Dicembre, la rivista Retrovirology ha pubblicato quattro articoli indicando che i risultati chiave di queste ricerche potrebbero essere stati prodotti da contaminazioni di laboratorio.
La FDA non è costretta ad accettare l’opinione del comitato, ma i pazienti hanno acclamato la raccomandazione come un segnale di serietà nei confronti della loro malattia.
“Quando un comitato FDA consiglia un divieto di donazioni per pazienti con la CFS, questo ha giocoforza un impatto sul modo di affrontare la questione da parte dei medici”, commenta Mary Schweitzer, una ex professoressa di storia di Villanova, che scrive frequentemente su come si vive con la malattia. La Dr.ssa Schweitzer dice che è stata incapace di lavorare per 16 anni a causa della sindrome, che le è stata diagnosticata a seguito di una serie di malattie simil-influenzali.
 Le ricerche che hanno allarmato la FDA avevano riportato che persone con la sindrome, anche chiamata encefalomielite mialgica o encefalopatia mialgica in Europa, hanno un tasso più elevato di infezione dal virus XMRV o altre appartenenti alla stessa categoria, conosciute come virus MLV. (Questi virus fanno tutti parte della famiglia dei virus MLV – Leucemia Murina (dei topi), alcuni dei quali possono infettare altre specie oltre che i topi; il loro, eventuale, ruolo nelle malattie umane, rimane poco conosciuto.)
Tuttavia, diverse altre squadre di ricerca nello scorso anno non hanno trovato alcuna connessione tra la sindrome d’affaticamento cronico e questi virus, anche se nessuna ha ancora provato a replicare i metodi esatti applicati dai ricercatori che hanno individuato il collegamento.
I nuovi studi pubblicati in Retrovirology hanno riportato che la contaminazione di campioni di tessuto o altri elementi di laboratorio con il DNA di topi o materiale genetico virale potrebbe causare falsi positivi per XMRV, e di conseguenza anche altri virus MLV, nello specifico nell’utilizzo della tecnologia basata sulla reazione a catena della polimerasi. Questa tecnica produce rapidamente milioni di copie di segmenti genetici, quindi persino tracce minuscole di contaminazione genetica potrebbero distorcere i risultati.
 “La nostra conclusione è molto semplice: l’ XMRV non è la causa della sindrome d’affaticamento cronico”, ha commentato il primo autore di una di queste ricerche, Greg Towers, un professore di virologia presso la University College London, in una dichiarazione emessa dall’Istituto Sanger della Wellcome Trust, il centro di ricerca britannico che ha contribuito a sponsorizzare la ricerca.
Altri scienziati e rappresentanti dei pazienti hanno duramente criticato questa asserita certezza come un’affermazione non garantita, notando che gli stessi studi della rivista Retrovirology si sono espressi in termini più cauti. I critici concordano che le contaminazioni sono un fattore importante quando si utilizza la tecnologia basata sulla reazione a catena della polimerasi (PCR).  Tuttavia,  gli studi nuovi, commenta Eric Gordon, un medico di Santa Rosa, California, che ha in cura molti pazienti che soffrono della malattia, non valutano altre strategie oltre alla PCR per rilevare i virus MLV, quali esami di risposta immunitaria e  la coltura cellulare dei virus.
“Gli articoli provano il punto che la PCR non funziona molto bene con questi virus, e poi si comportano come se questo potesse smentire l’intero concetto”, dice il Dr. Gordon.
L’XMRV è stato identificato per la prima volta nel 2006 e in alcuni studi stato trovato in pazienti con il cancro alla prostata. E’ stato collegato alla sindrome d’affaticamento cronico in ottobre del 2009, in uno studio pubblicato nella rivista Science di ricercatori dalla Whittemore Peterson Institute per Malattie Neuro-Immunitarie presso l’Università del Nevada, a Reno, il National Cancer Institute e la Cleveland Clinic.
I ricercatori si sono avvalsi della tecnologia PCR per dimostrare che circa due terzi dei pazienti ma meno del 4 percento della popolazione di controllo avevano l’XMRV. Tuttavia, utilizzando altre tecnologie, hanno anche documentato una risposta degli anticorpi in alcuni pazienti CFS, e hanno riportato che l’XMRV presente nel sangue umano potrebbe infettare altre cellule umane.
In una dichiarazione rilasciata in risposta alle nuove ricerche di Retrovirology, Judy A. Mikovits, direttrice della ricerca presso la Whittemore Peterson e il primo autore della ricerca pubblicata su Science, ha detto che la sua squadra ha applicato molte precauzioni per escludere la contaminazione da PCR e ha anche focalizzato su altri approcci alla ricerca e individuazione dell’XMRV. “Non è stato pubblicato nulla che smentisce i nostri dati”, ha commentato.
Persino alcuni specialisti si sono confusi sul significato dei nuovi risultati. Vincent Racaniello, un professore di microbiologia presso la Columbia non implicato nella ricerca, ha presentato le sue scuse sul suo Virology Blog per aver detto che questo avrebbe significato “l’inizio della fine” per l’ipotetica connessione tra i virus e la sindrome d’affaticamento cronico.
Avendo prestato maggiore attenzione alla questione, scrive Racaniello, ha realizzato che i nuovi studi “dimostrano che l’identificazione dell’XMRV è soggetta a problemi di contaminazione, ma non implicano difetti negli studi pubblicati in precedenza.” Racaniello aggiunge, “Se io ho avuto delle difficoltà ad interpretare questi studi, come farà la popolazione non scientifica?”
Le agenzie federali sono divise sull’argomento. In un articolo pubblicato in Proceedings of the National Academy of Sciences ad agosto, dei ricercatori della National Institutes of Health e dell’FDA hanno trovato un nesso tra la sindrome della fatica e i virus MLV (non XMRV nello specifico). In contrasto, uno studio del Centers for Disease Control and Prevention è tra quelli che non hanno trovato alcun nesso.
I rappresentanti federali hanno organizzato due ricerche per risolvere questi contrasti, determinare se i virus XMRV e MLV sono potenziali patogeni umani, e per identificare metodi affidabili per trovarli. I pazienti sperano che l’incremento dell’attenzione porterà rapidamente alla ricerca su possibili cure, incluse prove cliniche su farmaci HIV, alcuni dei quali si sono dimostrati efficaci nell’inibizione della replicazione dell’XMRV in laboratorio.
La situazione movimentata ha creato un dilemma per pazienti con la sindrome d’affaticamento cronico e per i medici che li hanno in cura. Alcuni pazienti stanno cercando di curarsi con farmaci anti HIV, che i medici possono già prescrivere legalmente nonostante il fatto che la FDA non li ha ancora autorizzati per questo scopo.
Molti medici e ricercatori dicono che è troppo presto prescrivere questi farmaci per la sindrome d’affaticamento cronico a causa dei possibili effetti collaterali, quali la soppressione del midollo, problemi gastrointestinali e problemi epatici e renali, tra le altre cose. Ma Michael Allen, uno scrittore ed ex psicologo a San Francisco, reso disabile dalla malattia da oltre 15 anni, dice che non esiterebbe a provare i farmaci nel caso risultasse positivo per un virus MLV.
 “Sembra accondiscendente quando le istituzioni mediche dicono che gli effetti sono troppo rischiosi e che dovremmo aspettare ancora” commenta. “Per come la vedo io non hanno una minima idea di quanto soffrono le persone come me con questa malattia.”