sabato 18 settembre 2010

Avevo Ragione...

La data di ieri semplicemente non era propizia e, come volevasi dimostrare, stamane ricevo una mail di scuse da parte della donna più richiesta del pianeta...per noi pazienti di CFS s'intende.
Rifletto su come ogni situazione disperata necessita di un interesse da parte dei media, e di come questo potere sia sproporzionato rispetto alle responsabilità banali su cui accendono i riflettori. Ogni disastro medico, naturale, climatico, ambientale sul nostro piccolo pianeta esiste veramente solo se coperto dai media, scritto sui giornali, e ancora meglio se ne fanno un film.
Rifletto sulla situazione simile che ha avuto un'altra malattia qualche anno fa. Parlo dell'HIV. Inizialmente considerata la malattia degli omosessuali, penso a quanti pazienti sono morti incompresi dalla società scientifica, medica e civile in generale prima dell'arrivo della scoperta del virus colpevole. Ma neanche la scoperta bastò per cancellare il tabù che circondava questi malati, fino all'arrivo di Jonathan Demme e quella colonna sonora  (autore e interprete Bruce Springsteen "The Boss") vincitrice di Oscar "Streets of Philadelphia", che suonava introducendoci un Tom Hanks, un Antonio Banderas, e un Denzel Washington (il fascino in tre dimensioni) alle prese con un dramma medico, che però passa in secondo piano rispetto alla battaglia legale e i tabù sociali. Seguì la più grossa campagna mediatica al mondo per la sensibilizzazione e la prevenzione della malattia e grazie anche a questo i sieropositivi possono contare su protocolli farmaceutici che stanno lentamente cambiando lo status dell'HIV da malattia mortale a malattia cronica.
Il paragone con questa malattia sembra che calzi sempre di più. I malati di CFS hanno sempre sofferto, e soffrono tutt'ora di una stigmatizzazione simile a quella che affliggeva i malati di HIV negli anni 90. Dalla famosa "yuppie flu", così chiamata perchè pareva colpire solo la classe medio-alta, all'ormai giornaliera attribuzione di pigrizia e/o depressione al primo segno di cedimento del malato che avviene sul luogo di lavoro, nei gruppi di amici, nelle case e nelle famiglie. Lo "svantaggio" - ovviamente per modo di dire e solo ai fini dell'allarme e interesse suscitato - rispetto alla prima è che la CFS non fa "strage", non fa "rumore", non suscita lo stesso senso di angoscia e d'urgenza perché i casi di morte documentati per CFS sono rarissimi. Proprio perché non vi è un test diagnostico riconosciuto e i sintomi sono simili a tante altre malattie, questo dato però non ci deve essere di conforto. Sappiamo infatti che casi gravi di CFS portano con se tutta una serie di complicazioni dovute alla staticità del paziente, potenzialmente letali, e che quindi questi dati potrebbero essere completamente falsati.
Solamente ora, che si parla di un altro retrovirus "parente" alla lontana dell'HIV (solo perché sono entrambi retrovirus), come potenziale colpevole della CFS (il cui nome allora appare sempre più povero di significato), la CFS ha destato un allarme sufficiente in America e nel Regno Unito tale da proibire a persone che rispondono ai criteri diagnostici Fukuda et al. di donare il sangue. La ricerca sull'XMRV, spiegato in un mio recente post del 27 agosto, ha infatti fatto drizzare le antenne della politica in questi paesi, mentre in Italia, per motivi non spiegati, l'argomento è stato trattato da qualche giornale e nessuno si è ancora pronunciato in materia. Questo virus però, anche se vi è un'alta correlazione tra la presenza di XMRV nel sangue dei malati e i sintomi, non si è ancora confermato come la causa. Tuttavia ha presentato la comunità scientifica con tutta una serie di domande: questo virus come si comporta? che pericoli può portare al uomo? eccetera eccetera...
La risonanza nel mondo scientifico di questa ricerca  ha addirittura spostato la mira della produzione di questo film da una generale storia della malattia, i sintomi, e la situazione dei malati, sulla storia centrale della nascita della Whittemore Petersen Institute, della battaglia personale di una senatrice per trovare una cura per sua figlia.
Così i riflettori si accenderanno su di noi, e benché si tratti di un documentario e non saranno certo degli adoni come Denzel Washington a interpretarlo, la fama del regista promette almeno una menzione in un festival del cinema, e la produttrice, Susan Douglas, per l'appunto, sta mirando ad una distribuzione cinematografica più estesa possibile nelle sale.
Nell'attesa di questa telefonata, che avverrà senz'altro la settimana prossima, e dei possibili esiti, v'invito a riflettere con me e di dirmi il vostro parere...

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