Ciao a tutti sono ancora a terra con un raffredore malefico che mi sta letteralmente paralizzando ma oggi ho una giornata impegnativa e ve la volevo raccontare.
Innanzitutto oggi a mezzogiorno è andata in onda la mia intervista su Nuova Spazio Radio, e tra poco saprò se sarà possibile pubblicare il link diretto all'intervista o meno. Un grande grazie a Laura Muzzi, grazie alla quale ho ottenuto questo spazio per paralare della Manifestazione di domani, e un ringraziamento particolare a Gianluca Fabi, il conduttore della trasmissione "Ho scelto la Radio", per aver condotto così bene l'intervento.
Le sorprese di oggi non sono finite qui, perchè tra esattamente 10 minuti ho un appuntamento telefonico con Susan Douglas, la produttrice del documentario "What about ME?", per discutere su come coinvolgere l'Italia nel film. Il regista Geoffrey Smith ha appena vinto un Emmy Award per il suo lavoro recente quindi il film avrà tutta l'attenzione che si merita.
E' la ricetta femminile che cura quasi tutti i mali del mondo, ma purtroppo non tutti, anche se internet mi dà una mano per togliermi qualche sfizio ogni tanto e un vestito nuovo mi fa ancora sorridere. Se non hai mai sentito parlare della stanchezza cronica o se sei una veterana come me e vuoi condividere anche la tua esperienza diretta sull'argomento, cerchiamo insieme la verità all'insegna della leggerezza e la femminilità senza aver paura di sembrare superficiali.
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giovedì 30 settembre 2010
sabato 18 settembre 2010
Avevo Ragione...
La data di ieri semplicemente non era propizia e, come volevasi dimostrare, stamane ricevo una mail di scuse da parte della donna più richiesta del pianeta...per noi pazienti di CFS s'intende.
Rifletto su come ogni situazione disperata necessita di un interesse da parte dei media, e di come questo potere sia sproporzionato rispetto alle responsabilità banali su cui accendono i riflettori. Ogni disastro medico, naturale, climatico, ambientale sul nostro piccolo pianeta esiste veramente solo se coperto dai media, scritto sui giornali, e ancora meglio se ne fanno un film.
Rifletto sulla situazione simile che ha avuto un'altra malattia qualche anno fa. Parlo dell'HIV. Inizialmente considerata la malattia degli omosessuali, penso a quanti pazienti sono morti incompresi dalla società scientifica, medica e civile in generale prima dell'arrivo della scoperta del virus colpevole. Ma neanche la scoperta bastò per cancellare il tabù che circondava questi malati, fino all'arrivo di Jonathan Demme e quella colonna sonora (autore e interprete Bruce Springsteen "The Boss") vincitrice di Oscar "Streets of Philadelphia", che suonava introducendoci un Tom Hanks, un Antonio Banderas, e un Denzel Washington (il fascino in tre dimensioni) alle prese con un dramma medico, che però passa in secondo piano rispetto alla battaglia legale e i tabù sociali. Seguì la più grossa campagna mediatica al mondo per la sensibilizzazione e la prevenzione della malattia e grazie anche a questo i sieropositivi possono contare su protocolli farmaceutici che stanno lentamente cambiando lo status dell'HIV da malattia mortale a malattia cronica.
Il paragone con questa malattia sembra che calzi sempre di più. I malati di CFS hanno sempre sofferto, e soffrono tutt'ora di una stigmatizzazione simile a quella che affliggeva i malati di HIV negli anni 90. Dalla famosa "yuppie flu", così chiamata perchè pareva colpire solo la classe medio-alta, all'ormai giornaliera attribuzione di pigrizia e/o depressione al primo segno di cedimento del malato che avviene sul luogo di lavoro, nei gruppi di amici, nelle case e nelle famiglie. Lo "svantaggio" - ovviamente per modo di dire e solo ai fini dell'allarme e interesse suscitato - rispetto alla prima è che la CFS non fa "strage", non fa "rumore", non suscita lo stesso senso di angoscia e d'urgenza perché i casi di morte documentati per CFS sono rarissimi. Proprio perché non vi è un test diagnostico riconosciuto e i sintomi sono simili a tante altre malattie, questo dato però non ci deve essere di conforto. Sappiamo infatti che casi gravi di CFS portano con se tutta una serie di complicazioni dovute alla staticità del paziente, potenzialmente letali, e che quindi questi dati potrebbero essere completamente falsati.
Solamente ora, che si parla di un altro retrovirus "parente" alla lontana dell'HIV (solo perché sono entrambi retrovirus), come potenziale colpevole della CFS (il cui nome allora appare sempre più povero di significato), la CFS ha destato un allarme sufficiente in America e nel Regno Unito tale da proibire a persone che rispondono ai criteri diagnostici Fukuda et al. di donare il sangue. La ricerca sull'XMRV, spiegato in un mio recente post del 27 agosto, ha infatti fatto drizzare le antenne della politica in questi paesi, mentre in Italia, per motivi non spiegati, l'argomento è stato trattato da qualche giornale e nessuno si è ancora pronunciato in materia. Questo virus però, anche se vi è un'alta correlazione tra la presenza di XMRV nel sangue dei malati e i sintomi, non si è ancora confermato come la causa. Tuttavia ha presentato la comunità scientifica con tutta una serie di domande: questo virus come si comporta? che pericoli può portare al uomo? eccetera eccetera...
La risonanza nel mondo scientifico di questa ricerca ha addirittura spostato la mira della produzione di questo film da una generale storia della malattia, i sintomi, e la situazione dei malati, sulla storia centrale della nascita della Whittemore Petersen Institute, della battaglia personale di una senatrice per trovare una cura per sua figlia.
Così i riflettori si accenderanno su di noi, e benché si tratti di un documentario e non saranno certo degli adoni come Denzel Washington a interpretarlo, la fama del regista promette almeno una menzione in un festival del cinema, e la produttrice, Susan Douglas, per l'appunto, sta mirando ad una distribuzione cinematografica più estesa possibile nelle sale.
Nell'attesa di questa telefonata, che avverrà senz'altro la settimana prossima, e dei possibili esiti, v'invito a riflettere con me e di dirmi il vostro parere...
Rifletto su come ogni situazione disperata necessita di un interesse da parte dei media, e di come questo potere sia sproporzionato rispetto alle responsabilità banali su cui accendono i riflettori. Ogni disastro medico, naturale, climatico, ambientale sul nostro piccolo pianeta esiste veramente solo se coperto dai media, scritto sui giornali, e ancora meglio se ne fanno un film.
Rifletto sulla situazione simile che ha avuto un'altra malattia qualche anno fa. Parlo dell'HIV. Inizialmente considerata la malattia degli omosessuali, penso a quanti pazienti sono morti incompresi dalla società scientifica, medica e civile in generale prima dell'arrivo della scoperta del virus colpevole. Ma neanche la scoperta bastò per cancellare il tabù che circondava questi malati, fino all'arrivo di Jonathan Demme e quella colonna sonora (autore e interprete Bruce Springsteen "The Boss") vincitrice di Oscar "Streets of Philadelphia", che suonava introducendoci un Tom Hanks, un Antonio Banderas, e un Denzel Washington (il fascino in tre dimensioni) alle prese con un dramma medico, che però passa in secondo piano rispetto alla battaglia legale e i tabù sociali. Seguì la più grossa campagna mediatica al mondo per la sensibilizzazione e la prevenzione della malattia e grazie anche a questo i sieropositivi possono contare su protocolli farmaceutici che stanno lentamente cambiando lo status dell'HIV da malattia mortale a malattia cronica.
Il paragone con questa malattia sembra che calzi sempre di più. I malati di CFS hanno sempre sofferto, e soffrono tutt'ora di una stigmatizzazione simile a quella che affliggeva i malati di HIV negli anni 90. Dalla famosa "yuppie flu", così chiamata perchè pareva colpire solo la classe medio-alta, all'ormai giornaliera attribuzione di pigrizia e/o depressione al primo segno di cedimento del malato che avviene sul luogo di lavoro, nei gruppi di amici, nelle case e nelle famiglie. Lo "svantaggio" - ovviamente per modo di dire e solo ai fini dell'allarme e interesse suscitato - rispetto alla prima è che la CFS non fa "strage", non fa "rumore", non suscita lo stesso senso di angoscia e d'urgenza perché i casi di morte documentati per CFS sono rarissimi. Proprio perché non vi è un test diagnostico riconosciuto e i sintomi sono simili a tante altre malattie, questo dato però non ci deve essere di conforto. Sappiamo infatti che casi gravi di CFS portano con se tutta una serie di complicazioni dovute alla staticità del paziente, potenzialmente letali, e che quindi questi dati potrebbero essere completamente falsati.
Solamente ora, che si parla di un altro retrovirus "parente" alla lontana dell'HIV (solo perché sono entrambi retrovirus), come potenziale colpevole della CFS (il cui nome allora appare sempre più povero di significato), la CFS ha destato un allarme sufficiente in America e nel Regno Unito tale da proibire a persone che rispondono ai criteri diagnostici Fukuda et al. di donare il sangue. La ricerca sull'XMRV, spiegato in un mio recente post del 27 agosto, ha infatti fatto drizzare le antenne della politica in questi paesi, mentre in Italia, per motivi non spiegati, l'argomento è stato trattato da qualche giornale e nessuno si è ancora pronunciato in materia. Questo virus però, anche se vi è un'alta correlazione tra la presenza di XMRV nel sangue dei malati e i sintomi, non si è ancora confermato come la causa. Tuttavia ha presentato la comunità scientifica con tutta una serie di domande: questo virus come si comporta? che pericoli può portare al uomo? eccetera eccetera...
La risonanza nel mondo scientifico di questa ricerca ha addirittura spostato la mira della produzione di questo film da una generale storia della malattia, i sintomi, e la situazione dei malati, sulla storia centrale della nascita della Whittemore Petersen Institute, della battaglia personale di una senatrice per trovare una cura per sua figlia.
Così i riflettori si accenderanno su di noi, e benché si tratti di un documentario e non saranno certo degli adoni come Denzel Washington a interpretarlo, la fama del regista promette almeno una menzione in un festival del cinema, e la produttrice, Susan Douglas, per l'appunto, sta mirando ad una distribuzione cinematografica più estesa possibile nelle sale.
Nell'attesa di questa telefonata, che avverrà senz'altro la settimana prossima, e dei possibili esiti, v'invito a riflettere con me e di dirmi il vostro parere...
venerdì 17 settembre 2010
E' Venerdì....sì però è il 17
Sarò brevissima perché molto sconsolata. Susan Douglas oggi ovviamente non ha trovato il tempo per chiamarmi, ma teniamo duro...domani è un altro giorno e spero di avere notizie più promettenti la prossima settimana. E' appena tornata dall'estero e immagino che io non sia proprio la prima sulla sua lista di persone da chiamare.
Oggi mi sono svegliata a mezzogiorno con un senso di urgenza e di speranza, ed è tutto il giorno che non permetto a nessuno di telefonarmi a casa e che cerco distrazioni su Internet, ma alla fine non ho resistito all'impulso di sollecitare gentilmente per posta elettronica, e ho rilasciato tutti i miei numeri di telefono in caso non li avesse con se. Più di questo non posso fare...a parte chiamarla direttamente lunedì mattina al numero dello studio di produzione londinese.....mmmm, non male come idea, ma spero che non sarà necessario......
Oggi mi sono svegliata a mezzogiorno con un senso di urgenza e di speranza, ed è tutto il giorno che non permetto a nessuno di telefonarmi a casa e che cerco distrazioni su Internet, ma alla fine non ho resistito all'impulso di sollecitare gentilmente per posta elettronica, e ho rilasciato tutti i miei numeri di telefono in caso non li avesse con se. Più di questo non posso fare...a parte chiamarla direttamente lunedì mattina al numero dello studio di produzione londinese.....mmmm, non male come idea, ma spero che non sarà necessario......
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giovedì 16 settembre 2010
Indovinate un po .....
Avete presente il film di cui parlavo? Bene. Non ci siete ancora arrivati? Allora ve lo dico perché sto scoppiando letteralmente di gioia!! Domani pomeriggio mi telefonerà la produttrice, Susan Douglas in persona per una spiegazione della situazione in Italia e devo fare del mio meglio (anche se non credo sia tanto difficile) a convincerla dell'assoluta necessità di girare delle scene del a questo punto attesissimo film, "What about ME? "qui, da noi. Vi darò conto di questo colloquio nelle prossime puntate della serie....da non perdere!
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