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giovedì 24 febbraio 2011

La Parola Amico

L'amicizia, si sa, è un valore importante per tutti gli esseri sociali. Del resto siamo chi conosciamo, siamo le persone che siamo grazie al contributo di tante persone che ci sostengono e che ci apprezzano. Ma non è solo una questione di formazione del nostro carattere, le amicizie nascono per un bisogno profondo, istintivo: non vogliamo essere soli su questa terra, puro e semplice.

L'era di internet, e tutti gli strumenti che si porta dietro - social network, blog, pagine personali ecc. - teoricamente avrebbe dovuto assecondare questo nostro bisogno e fornirci più opzioni. Adesso possiamo ricollegarci ad amici del passato, approfondire conoscenze superficiali, ed espandere in modo esponenziale la nostra rete di amicizie attraversando oceani, confini politici e sociali..non è meraviglioso?

A quanto pare non tanto. Mi ha aperto gli occhi un recente incidente diplomatico su un noto social network. Premetto che non sono una maleducata. Lo so, tutti amano pensare il meglio di loro stessi, ma davvero, non lo dico solo io...lo dicono tanti dei miei amici in carne e ossa che sono affabile, diplomatica e anche troppo a volte. Per questo mi ha quasi fatto cadere dal divano un messaggio che mi chiedeva in modo secco e molto antipatico di rifiutare una richiesta di amicizia. Cito testualmente: "siccome non hai accettato la mia richiesta di amicizia e a me non interessa più, fammi un piacere, rifiutala altrimenti continuo a vedere le tue cose, ricevere tue notifiche e non mi va, grazie mille". A quanto pare avevo una richiesta di amicizia da una persona sconosciuta che avevo fatto attendere troppo a lungo. Ma veramente? E' questo che siamo diventati?

Ho riflettuto molto sull'argomento, avendo molto tempo a disposizione negli anni ho potuto apprezzare l'evoluzione delle mie amicizie anche grazie alla mia malattia. Come un deragliamento di un treno, gli effetti del quale sono inizialmente devastanti (pezzi che si perdono, danni a cose e persone circostanti), la CFS, una volta sgomberati i resti e spazzata via la polvere, si può apprezzare la reale forza del treno meravigliandosi di quei pezzi che sono sopravvissuti alla tragedia e sono rimasti attaccati.

Quando diventi malata la tua vita sociale non muore subito, anzi: all'inizio c'è un gran brusio di persone che ti chiamano e vogliono sapere come stai, cos'hai, quando torni al lavoro, quando si esce fuori a pranzo o fare shopping. Il problema, quando hai la CFS, è quando si fornisce loro la risposta. Se sei fortunata, ci sono molte domande che seguono, tutte orlate dal dubbio che s'insinua nelle voci dei tuoi interlocutori, per poi risolversi in un silenzio di comprensione e/o d'indifferenza. Se sei sfortunata, la gente inizia a staccarsi come le foglie dall'albero, piano, senza rumore.

Ci sono però delle armi che ho imparato ad usare e che hanno un effetto di saldatura su quei pochi pezzi rimasti e bisogna imparare il prima possibile ad usarle se non si vuole fare la fine dell'eremita. La prima cosa è l'informazione. Ovvio, penserete, ma è il modo di fornire queste informazioni che fa la differenza. Bisogna levarsi dalla testa di fare gli informatori scientifici, lasciando quella particolare forma di comunicazione ai medici, e iniziare a parlare non delle generalità della malattia, ma di come ci si sente, di come questa malattia ci sta sconvolgendo la vita. Non è facile dire "ho paura", "le cause della mia malattia non sono ben conosciute", "sono troppo stanca per farmi la doccia", ma bisogna trovare il modo di dirlo a chi ti è rimasto vicino, non dare mai per scontato che lo sappiano già.

La seconda arma non è tanto un'arma quanto l'approfittarsi di una condizione in cui ci troviamo. Di fatti, è come se qualcuno stesse controllando il DVD della nostra vita e avesse spinto il tasto "pausa" o l'abbia rallentato all'inverosimile. Quindi siamo fermi, a guardare il mondo che va avanti, i nostri amici che fanno carriera, le nostre amiche che allargano la famiglia, e noi a combattere con le nostre frustrazioni da soli in casa. Ma non deve essere necessariamente così. No.

Mi sono resa conto che, quando anch'io facevo parte di quel mondo che andava avanti avevo raramente tempo da dedicare ai miei amici. Non avevo tempo per capire a fondo i loro problemi, di dedicare loro tutta la mia attenzione, perché spesso le nostre conversazioni consistevano in 5 minuti rubati al telefono della mia scrivania mentre lavoravo durante l'ennesima pausa pranzo per un closing imminente, oppure in aperitivi in cui tutti sputavano i loro problemi senza davvero ascoltare l'altro. Ora la maggior parte delle mie amiche si trovano nella stessa barca, ma la cosa che mi conforta è che sanno che io a casa ci sono sempre e se hanno un problema, in fatti, sono la prima persona che chiamano.

Non ho sempre avuto la forza di stare ore al telefono, ma, se passavano a casa e accettavano di farsi il caffè da sole, avevo sempre le orecchie aperte per una crisi sentimentale e/o problemi con il capo e di solito grazie all'ascolto riuscivo anche a tirare fuori delle proposte sensate per risolvere oppure per calmarle. In un certo senso ascoltare i problemi degli altri mi distraeva dai miei, che tanto non si potevano risolvere, e mi permetteva di prendermi cura degli altri e sentirmi amata....Un po’ egoistico come ragionamento, ma ha funzionato. Adesso che sono migliorata un po’ e magari sono fuori casa, noto una certa delusione nella loro voce quando mi chiedono: ma dov'eri?

Sono molto grata per le mie amiche, sono state impagabili e fondamentali nel mio cammino verso un piano più alto di benessere interiore: mi hanno fatto capire il reale valore della parola amico. Sapete chi siete, e vi voglio bene.

mercoledì 10 novembre 2010

La Stagione e lo Shopping

Sono entrata in un nuovo ciclo di vita, a quanto pare. Secondo le ultime 3 settimane d'esperienza posso avere un weekend "attivo" se faccio una settimana cauta. Non è più una storia di 1 solo giorno di attività durante il fine settimana con una settimana di riposo totale. Questo merita un voto di gratitudine ogni giorno: Ho aggiunto un carico sulla bilancia e pare che l'equilibrio regga....per ora.

Tra le varie "attività" intraprese questo fine settimana, il fatidico cambio di stagione. Eh già, quel triste addio a quei capi leggeri che ti hanno vestita durante l'estate e la fuoriuscita di tutta la maglieria di lana dai famigerati sacchi sottovuoto. E' evidente che l'anno scorso mi trovavo in un luogo mentale completamente diverso perchè ora ho il guardaroba tutto sfumato di marroni, beige, neri, verdognoli.....sono quasi assenti dei colori "veri" e ciò ovviamente non può andare. Quello che manca è una ventata d'aria fresca nel guardaroba - e lo shopping mi richiama come un istinto quasi naturale.

La domandona di questa nuova stagione e di questo nuovo ciclo è: Come? La bilancia reggerà il mattone del centro commerciale? O sarà meglio non abusare delle energie e prendersela invece con la carta di credito online? Un dilemma che ha tanti, ma proprio tanti fattori da ponderare: quanto posso camminare? quanti vestiti riuscirò a provarmi prima di sdraiarmi per terra nel camerino di Zara? quanto riuscirò a parcheggiare vicino all'ingresso? quante buste posso tenere? quanti negozi posso vedere? quante persone ci saranno alla cassa? Tutte domande apparentemente futili rispetto alla domanda clou: Quanto posso spendere? ma non è così....su ogni domanda ti giochi un pezzo di salute che, come tutti dicono ma pochi sanno, è la prima cosa.

Purtroppo l'unico modo per rispondere a tutte queste domande è provarci, e ieri è esattamente quello che ho fatto. Ero uscita da un massaggio e mi sentivo abbastanza in forma, quindi vado a casa della mia amica e portiamo sua figlia di un anno con noi al centro commerciale. Lo so, lo so, dico sempre che bisogna evitare questi luoghi di potenziale crisi fisica, ma è più forte di me: 220 negozi!! Ma come faccio a non andarci una volta ognitanto per provare qualche abito e allo stesso tempo provare le mie ali?

In breve i risultati della ricerca: Io e Fiore (la bimba di 1 anno) abbiamo più o meno gli stessi livelli di resistenza. Dopo 1 ora, in cui ho sprecato energie a provarmi abiti che non mi sarei mai veramente messa (provare abiti nei camerini equivale più o meno a un'ora di pilates), lei iniziava a piagnucolare e io mi sono buttata sul primo divano disponibile nell'angolo caffé - almeno la bimba aveva il suo passeggino, non sapete quanto l'ho invidiata! Dopo una decina di minuti a ritrovare il fiato e a combattere con la testa che iniziava a girare, rincuorata da un muffin al cioccolato offerto dalla mia amica, ho usato gli zuccheri per un pò di shopping compulsivo. Ho comprato cose semplici, che sapevo avrei messo, e in serie: 2 paia di leggings di jersey, 3 magliette a maniche corte (stesso modello ma almeno tutti di colore diverso), e 2 paia di calze. Poco creativo lo so, ma non ero in grado di mettermi di nuovo in un camerino a fare ginnastica, e neanche Fiore poteva aspettare tanto, aveva fame poverina.

Oggi mi sono svegliata sapendo già che sarebbe stata una "non-giornata". Mal di tutto, fiacca, con veramente poca energia. Mentre ieri non la sopportavo, oggi sono quasi grata per la pioggia, che mi sta dando un'ottima scusa per rimanere a casa, con i miei nuovi leggings (un vero passe-partout) sotto le coperte. Mi sa che il prossimo giro di shopping sarà su internet, ma la sfida con il grande centro commerciale non è finita qui!!

Voi come affrontate la nuova stagione? Quali sono i pezzi "must" del vostro guardaroba?

giovedì 21 ottobre 2010

Le Persone Piccole

Oggi pomeriggio sono andata a casa della mia amica - madre della mia figlioccia - e mi sono divertita un mondo a vedere la piccola Fiore alle prese con i suoi piccoli progressi tipici delle bimbe di un anno. Oramai sa intrattenere vere e proprie conversazioni con versi completamente incomprensibili ma con un'espressività più efficace di molte attrici con un copione. Gattona in giro per la casa alla velocità della luce cercando sempre nuovi angoli, esplorando il suo regno e fermandosi ogni tanto per tirarsi in piedi appoggiandosi ai braccioli dei divani. Non dura moltissimo in posizione eretta, ma quando si tira su è tutta fiera e ride, un po come me qualche anno fa.
Non riesco a vederla spesso quindi di solito ci vuole un po che mi dia fiducia. Oggi penso abbia finalmente deciso che sono una persona da frequentare perché le ho fatto vedere come sbattevo le unghie sul tavolo, lo ha trovato incredibile e l'ho conquistata. E' ancora meno pesante di Tito quindi riesco ancora a tenerla in braccio per un po alla volta, che per lei va più che bene perché sta già pensando alla prossima meta di gattonaggio.

venerdì 27 agosto 2010

E' Venerdì - voglio uscire!!

E' un'abitudine dura a morire, una spinta, quasi un istinto. E' più forte di me, è dentro di me, ogni venerdì mattina: stasera esco. Un residuo della mia vita passata, quando lavoravo tutta la settimana, anche fino alle 10 di sera, oppure quando uscivo presto e organizzavo un aperitivo tra donne a Campo dei Fiori, sotto la statua di Giordano Bruno.

Nonostante tutto mi trovavo sempre al solito ristorante alle 10.30 a raggiungere Alessandro e la combriccola di amici (mai meno di 10 persone) quando chiudeva il bar, e a mezzanotte ancora carica: dove si va per il dopocena? La risposta era sempre una delle tante fonti di divertimento disponibili a Roma e dintorni, specialmente d'estate: quattro salti nei locali all'aperto, una passeggiata per una delle ville aperte piene zeppe di bancarelle, un drink sul Tevere a guardare il fiume di persone che scorre lungo le sue sponde, con una vista mozzafiato su Castel Sant'Angelo. Si facevano le quattro, le cinque, anche le sei di mattina. Ricordo l'ultima notte bianca, che tra l'altro dovrebbe ricorre i primi di settembre, quando abbiamo assistito al concerto di Vinicio Capossela al Pincio, sullo sfondo dell'alba.

Oggi come ieri, quell'istinto non se ne vuole proprio andare, e non sarò certo io a sopprimerlo! Faccio in modo, costi quel che costi, di approfittare dei Venerdì per vedere i miei amici. Già da lunedì inizio a prepararmi, cerco di dormire e riposarmi il più possibile, concentro i massaggi intorno ai weekend, inizio a visualizzare quello che devo mettermi. Purtroppo la scelta dei luoghi non è così vasta come prima, visto che devono rispondere ad una serie di requisiti (budget da rispettare, parcheggio vicino o mezzi comodi, posti a sedere, non troppo rumoroso...ecc.), e le pile non garantiscono più una tenuta fino all'alba.

I "prezzi" per queste attività sono variabili e imprevedibili. Non si sa mai quando cadrà l'ascia ne dove andrà a colpire. A volte cade subito, e la testa comincia a girare appena ho raggiunto la sedia. A volte cade 2 giorni dopo, e mi vengono a mancare le ginocchia e la schiena. A volte non sento nulla, e penso di essere passata innosservata, di aver ingannato la malattia, poi dopo una settimana, apparentemente tranquilla, i sintomi vengono a trovarmi tutti insieme con la febbre.

Spesso capitano le volte in cui proprio non ce la faccio in partenza, e sono costretta a rimanere a casa. Per cercare di non piangermi addosso, organizzo le attività che mi terranno occupata fino al rientro di Alessandro, visto che il Venerdì di solito fa abbastanza tardi. Quando lui esce con gli amici, io alzo il telefono e ordino la pizza o il sushi (dipende da quanto sono riuscita a guadagnare), e inizio a scegliere una tra le due serie televisive che amo da morire (Grey's Anatomy o Sex and the City?) per fare una maratona di sane fantasie su New York o il Dr. Stranamore, oppure un film in tv o dvd. Quando vado a letto chiamo Alessandro, che a quell'ora si trova a pagare il conto al ristorante, accompagnato da tutti gli amici, e probabilmente per concludere la serata andranno al pub prima di tornare a casa. Mi addormento accanto a Tito, che si mette con la testa sul cuscino di Alessandro, con un libro in mano, con la luce accesa.

Quando sono stabile, il bar di Alessandro è un posto dove mi sento sicura. Ale è dietro il bancone e mia suocera sta dietro alla cassa, e l'80% delle persone che frequentano il bar la sera mi conoscono, conoscono la mia malattia, e trovo posto a sedere a ogni tavolino.

A questo punto devo presentarvi una persona importante: Roisin. Lei viene dall'Irlanda e non mi capita spesso a Roma di trovare un'altra ragazza anglosassone con cui mi trovo in così tanta sintonia. E' stata lei a portarmi il mio primo "aperitivo" a domicilio, quando ero cominciata a scendere dal letto. Io ero in pigiama, e lei bussò alla porta con una bottiglia e degli stuzzichini. Con lei giurai che prima o poi saremmo tornate a fare gli aperitivi insieme, in vecchio stile, ma poi mi rimisi a letto con un gran mal di testa cercando di levarmi quel giuramento dalla mente, perché ero convinta che non ce l'avrei mai fatta.
Come adoro avere torto! Tra i miei sforzi, la provvidenza, il dio dell'energia, congiunzioni astrali, o chissà che cosa, sono anche accaduti degli eventi rari, come diamanti, che mi hanno donata dei momenti quasi normali durante il corso di quest'ultimo anno. In questi eventi rari, so chi chiamare: Roisin!

Lei è la mia compagna di conquista, o meglio, di riconquista, del centro storico. Fino ad oggi questi eventi sono stati solo due, ma spero con tutto il cuore che aumenteranno. La prima volta, dopo mille ripensamenti, dubbi e paure, decisi di prendere il trenino da casa mia a Trastevere, dove lei mi ha raggiunta per accompagnarmi a piazza Trilussa per un bicchiere di vino. Per quel brindisi avevamo entrambe le lacrime agli occhi. La seconda volta è stato non molto tempo fa, mi sentivo stranamente energica, incoraggiata dalle mie ultime analisi del sangue, e chiesi ad Alessandro di portarmi al bar con lui. Da lì, lasciando Ale di stucco, presi un taxi verso la meta più ambita da quando sto male: Campo dei Fiori. Sentivo una voce dentro di me: "Ora o mai più". Aspettando lì Roisin, seduta allo stesso tavolino nello stesso locale dove andavo quando avevo 27 anni, mi sono concessa un brindisi da sola, con la statua di Giordano. Eh già..il sole non gira intorno alla terra, e io non giro intorno alla CFS!

Non ho idea come andrà stasera ma il piano è decisamente meno ambizioso - è vero che non sono io a girare intorno alla CFS ma le regole sono comunque alquanto severe. Alessandro ha fatto una settimana intera di doppi turni, perché il suo banchista è in ferie, e quindi ho fatto un po tutto da sola, incluso portare fuori il cane, e ha lasciato il segno nelle mie gambe. In ogni caso, visto che ancora mi reggo in piedi e la settimana non ha fatto alzare la febbre (Mamma: già questo è un risultato importante quindi non ti preoccupare), anche se non è l'idea più prudente del mondo, andrò al bar a trovare Ale e gli amici per un paio d'ore, per dare retta alla voce nella mia testa, e se non altro per ricordare alla malattia che si crede il sole che sarà lei e sempre lei a dover girare intorno me e, se non le sta bene, può anche cambiare orbita!

Ora devo assolutamente tornare a dormire, altrimenti mi dovrò rimangiare tutto.